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Il cinema, il Sud e altre passioni

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Pasolini, Gibson, Matera, Gerusalemme:

Il cinema, il Sud e altre passioni

ventodiscirocco.net

di Gigi Stabile


ventodiscirocco.net (20 luglio 2007)


Affacciato ad una delle terrazze che guardano sul Sasso Caveoso, mentre gli vengono soffiate in faccia le prime folate della calura pomeridiana e accarezza con lo sguardo lo stesso scenario che aveva catturato tanti anni prima il poeta friulano e, molto più di recente, il regista americano, il viaggiatore quasi non si accorge della figura che si materializza improvvisamente alle sue spalle: - Di dove sei, straniero ?
E' una donna vestita di nero con l'eterno velo sulla testa; una donna di un altro tempo, del nostro tempo, senza tempo, incontrata mille volte nei racconti, nei quadri, nelle fotografie e nei film che narrano il nostro Mezzogiorno.
La suggestione del paesaggio, o forse la sorpresa, prevale per un lungo istante sulla discreta presenza dietro di lui tanto che, quando si accinge a rivolgerle la sua attenzione, è già scomparsa.
E' uno dei tanti visitatori che si incontrano, in questi ultimi anni, lungo quell' itinerario che mescola in dosi mutevoli archeologia, storia, cinema, arte, talvolta devozione.
Un itinerario che volta le spalle al monotono turismo dei villaggi-vacanze, sempre più asettici ed uguali a se stessi, ed avvicina a poco a poco all'autentico viaggio, quello dell'incontro e della conoscenza dell'altro.
Di lui si intuisce che ama il cinema, che è sensibile all'arte, che è attento ai problemi dell'ambiente, che conosce un po' di storia, o forse no.
Si addentra nella rete di rocce, vicoli, ponti e cisterne con la consapevolezza che l'incedere lungo la tortuosità dei percorsi possa, per una volta, rivelarsi più necessaria della disamina di lunghe sequenze di fotogrammi e gli elementi antropici e simbolici del luogo avere più peso degli aspetti tecnici della narrazione filmica.
Percorre sentieri mai calcati eppure familiari e sosta ad incroci inusitati eppure noti. Ripercorre, quasi con circospezione, i passi di Gesù/Irazoqui e Cristo/Caviezel (sono i nomi degli attori scelti da Pasolini e Gibson), circospezione che diventa emozione quando pensa alle centinaia di migliaia di individui che, senza soluzione di continuità e per un tempo immemorabile, hanno calcato quelle piste prima di loro. Crede di riconoscere gli ambienti della Gerusalemme rappresentata, riesce a rubare lo sguardo a Pier Paolo Pasolini e Mel Gibson per individuare ulteriori e incredibili luoghi per film che non saranno mai girati.
Al ritmo dei suoi passi, pensieri e ricordi si affacciano alla sua mente.

Pasolini arriva a Matera con una troupe cinematografica nella primavera del 1964. Ce lo testimoniano una serie di fotografie scattate da Domenico Notarangelo e un film "Il Vangelo secondo Matteo", recentemente restaurato, che molti giurano essere la migliore realizzazione cinematografica della passione di Cristo.
Nei mesi precedenti lo stesso Pasolini aveva intrapreso, alla ricerca dei luoghi per il suo film, un viaggio in Medio Oriente. Il regista conosce il potere evocativo e suggestivo che proviene dalla ricostruzione degli avvenimenti della vita di Gesù laddove si sono realmente sviluppati, ma comprende che girare la storia, quella storia, in Terrasanta comporta una serie di implicazioni e difficoltà non superabili. Inoltre riceve la conferma di quello che già sa: i luoghi del vicino Oriente, come quelli del Nord Africa, presentano una certa affinità e vicinanza con quelli dell'Italia meridionale, a testimonianza dell'incontro e dell'incrocio delle culture e delle razze intorno al bacino del Mediterraneo. Le facce degli abitanti sono le stesse, simili a quelle dei sottoproletari di tutto il mondo. Le stesse modalità del sentire ed i percorsi del pensiero devono essere contigui se, in tempi recenti lo scrittore, marocchino Tahar Ben Jelloun riconoscerà Pasolini come "uno di noi". Del resto appare eccessivamente prematuro immaginare in quegli anni di poter intraprendere decisamente e definitivamente il cammino verso una Gerusalemme, assolutamente terrena, crocevia delle tre grandi religioni monoteiste, alla ricerca del più elevato traguardo dell'umanità: lo shalom, la pace.


In aggiunta, Il Sud della penisola è in grado addirittura di assicurare dei siti ancora più intatti ed incontaminati. La scelta cade su Matera (che si rivelerà una Gerusalemme tutt'altro che di ripiego) e su altre località del Mezzogiorno (Massafra, Gioa del Colle…..)
Lo stesso Gibson confesserà, quarant'anni dopo, di essersi ispirato al film di Pasolini e di aver voluto girare il suo "The Passion" negli stessi luoghi.
La sua condizione di laico consente a Pasolini di accostarsi alla materia in assoluta libertà, ma con grande sensibilità e con profondo rispetto.
Più che una sorta di risarcimento, è un' arringa difensiva nei confronti di quella sentenza che lo aveva condannato, appena un anno prima, per vilipendio alla religione per aver trattato, attraverso la sacralità dei temi profani, le traversie e la morte di un poverocristo nell'episodio La ricotta del film Ro-go-pag.
Assolutamente spontanea, naturale ed intensamente sentita è la dedica che accompagna il film: "alla cara, lieta, familiare memoria di Giovanni XXIII".
Fedele ad una pratica propria di una grande stagione del cinema italiano, Pasolini si affida ad attori non professionisti. Le cronache dell'epoca raccontano che lo stesso Enrique Irazoqui, che interpreta Gesù Cristo, si trovasse da quelle parti per caso. Circostanza che non può non nascondere un carattere allusivo per un non credente come Pasolini. Irazoqui contraddice i canoni di un'abusata consuetudine iconografica ma si rivela un Cristo di forte impatto visivo ed emotivo. Ogni ri-costruzione in fondo è sempre un'interpretazione: ad ognuno la scelta di propendere per il Cristo di Pasolini, quello di Gibson o quello di Ratzinger.
Ma il Vangelo è tutt'altro che un'operazione intellettuale da parte del più disorganico degli intellettuali; il poeta non cerca soluzioni celesti a problemi terreni ma allo stesso tempo non azzarda risposte terrene a quesiti eterni. Segue passo per passo la narrazione di Matteo e se prende posizione lo fa, una volta di più, per i semplici, per i poveri di ogni tempo e chi se ne importa se privi di coscienza di classe!

Il nostro viaggiatore affronta la salita al Calvario con indicibile fatica, la stessa (almeno così ricorda) che anche la macchina da presa sembra accusare nel film del 64.
Raggiunto il punto più alto, con il sole ormai morente alla sua destra, porta il suo sguardo fin che può ed anche più in là. Fino ad includere tutti i Sud in uno solo e grande, che rivendica la sua autonomia e le sue differenze, che si fa custode di un suo punto di vista, che si propone come resistenza al pensiero unico, agli egoismi, ai vecchi e nuovi razzismi, ai tentativi di omologazione, alla sfiducia ed alla rassegnazione globalizzata.
E' da solo il viaggiatore, eppure comincia ad avvertire una presenza, poi due, poi dieci e cento.
A poco a poco una folla. Aspetta. Forse che qualcuno gli riproponga la domanda.
"Di dove sei straniero?" Per rispondere, senza esitazioni: "Di qui".


Gigi Stabile



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