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La disfida di Barletta

Cultura e società

Il 500° anniversario della Disfida

I ventisei di Barletta tornano a battersi

di Gigi Stabile

ventodiscirocco.net

l'Unità / Paese Nuovo (11 febbraio 2003)



Chissà se c'è ancora, in questi nostri anni fatti di internauti e satelliti spia, di immagini e di suoni, di colori, di luci che inseguono la notte fino a farla scomparire, qualcuno pronto a giurare che nelle fredde notti di febbraio, in quella parte di mondo racchiusa tra Andria e Corato, si senta chiaramente il fragore delle spade insieme allo scalpitio dei cavalli, alle urla di incitamento, alle grida di dolore, alle esclamazioni di stupore.
Sono i percorsi dell'immaginario che talvolta corrono paralleli a quelli della realtà e talvolta li attraversano, a volte si sovrappongono fino a coincidere, in un continuo e mai ultimato disegno fatto di ricorrenti convergenze e di successivi allontanamenti.
La realtà ed il fantastico, nel loro alimentarsi a vicenda, rappresentano gli ingredienti naturali ed indispensabili di una Disfida di Barletta che festeggerà i suoi cinquecento anni giovedì 13 febbraio.
L'insieme dei fatti accertati e documentabili riconduce allo scontro tra la Francia e la Spagna per il predominio dell'Italia Meridionale, al tempo in cui il Nemours ha già al suo attivo qualche significativo successo in battaglia contro le truppe spagnole ed è pronto per infliggere al nemico il colpo decisivo.
Ma la necessità di attendere rinforzi e le asperità di un inverno probabilmente assai simile a quello che stiamo vivendo cinquecento anni dopo, consigliano al Gran Capitano Consalvo di Cordova di rimanere al caldo e al sicuro nella città di Barletta. Gli ozi e l'attesa determinati da quella che comincia a configurarsi come una guerra di posizione mal si addicono a uomini d'arme e d'azione come sono i più nobili cavalieri dei due schieramenti contrapposti; uomini che non perdono tempo per riproporre alcune sfide degne della più antica tradizione cavalleresca.
Queste inoltre consentono, come fa notare lo storico Giuliano Procacci in un suo recente libretto
(La disfida di Barletta, Bruno Mondadori editore, Milano 2001), il recupero di quei tratti e quel repertorio di valori cavallereschi che si stanno a poco a poco disperdendo in una guerra che vede la fanteria e l'artiglieria assumere un ruolo sempre più preminente e determinante.
Sembra che uno dei cavalieri francesi condotti prigionieri a Barletta dopo una sconfitta in uno di questi scontri in attesa del pagamento del pegno pattuito, si sia lasciato andare ad alcuni apprezzamenti non proprio lusinghieri nei confronti dei soldati italiani che, al servizio di Prospero Colonna e del Duca di Termoli, combattono al fianco degli spagnoli. Questa è la scintilla per una nuova sfida, presto concordata, questa volta tra francesi ed italiani.
E' probabile che già a quel tempo il confronto con quelli che noi definiamo i cugini transalpini avesse quella capacità di accendere gli animi e decuplicare l'impegno, si tratti di un giro ciclistico o di un torneo internazionale di bridge; oltre alla caratteristica di rendere ancora più gradita la vittoria e ancora più insopportabile l'insuccesso. Sta di fatto che i tredici italiani, guidati dal nobile capuano Ettore Fieramosca (e sostenuti dai bordi del campo da Prospero Colonna che i testimoni dell'epoca dipingono alla stregua di un Serse Cosmi, allenatore del Perugia, per quanto si anima, incita ed impreca) si aggiudicano largamente la sfida, che diverrà d'ora in avanti e per sempre la Disfida, contro gli incauti francesi.
Un episodio, come si può notare, marginale e tutto sommato trascurabile nel grande inventario dei fatti della storia ma che qualche rilevanza deve pure assumere agli occhi dei contemporanei se sono proprio i cronisti e i poeti dell'epoca a colorare quell'evento di significati e contenuti e di assicurargli una costante risonanza. Operazione alla quale non deve risultare estraneo (è la tesi del Procacci) il Gran Capitano Consalvo di Cordova preoccupato di assicurarsi i favori e la fedeltà dei guerrieri di ventura italici, compresi quelli al servizio dei francesi.
Poi, quando gli echi di quella lontana vicenda sembrano affievolirsi, l'immaginario, come spesso accade, viene in soccorso della storia.
In pieno fervore risorgimentale, quando in molti settori comincia ad affermarsi l'esigenza di un'identità nazionale che faccia giustizia di tutti i particolarismi e di tutti gli egoismi, uno scrittore torinese, Massimo D'Azeglio, con il suo romanzo Ettore Fieramosca pubblicato nel 1833, ridisegna e riporta all'attualità quell'episodio. La fortuna del romanzo è immediata ed inaspettata. Lo adottano senza riserve studenti e maestrine, impiegati e soldati e la sua popolarità cresce con l'accrescersi del sentimento nazionale.
Le città italiane si contendono, in una miscela di amor patrio e campanilismo, i natali dei tredici cavalieri della Disfida.
Sui nomi di questi ultimi la ricerca storica impone prudenza. Ma l'immaginazione reclama un elenco da ripetere a memoria, quasi si trattasse dell'Inter di Helenio Herrera.
Ecco allora, accanto ad Ettore Fieramosca, un Fanfulla da Lodi diventato popolare, più che per le sue imprese sui campi di battaglia, per le gesta in un altro campo, immortalate da irriverenti canzoni goliardiche. Ecco Miale da Troia, Giovanni Capoccio da Spinazzola, Giuseppe Albamonte da Palermo e Giovanni Bracalone da Genazzano, più noto come Brancaleone, che un poeta dialettale ci descrive come "un fregno accussì grande che Sansone a petto a lui pare 'na formica". E ancora Romanello da Forlì, Mariano Abignente, Francesco Salomone, Marco Corollario, Ludovico Abenavolo, Ettore Giovenale, Pietro Riccio. Ma poiché una vittoria conta il doppio se si tiene in conto il valore degli avversari (benché di lingua lunga), è opportuno citare almeno Charles de Tongues signore de la Motte, Girault de Forses, Martellin de Lambris e il controverso Grajano d'Asti da molti cronisti e dallo stesso D'Azeglio individuato come un traditore mentre per altri si tratta più ragionevolmente di un assolutamente francese Grand Jean Daste. Ma la presenza di un traditore doveva risultare funzionale tanto alla poesia e al romanzo quanto alla ragioni della politica di un Consalvo di Cordova.
Da questo momento in poi è un fiorire di racconti, melodrammi, opere pittoriche, monumenti tutti ispirati a quel confronto.
Un secolo dopo il romanzo del D'Azeglio, sarà il regime fascista che, alla ricerca di sempre più rari avvenimenti capaci di illustrare la gloria nazionale, suggerirà e finanzierà la realizzazione di un film con Gino Cervi nelle vesti del Fieramosca per la regia di Alessandro Blasetti.
Ma il cinquecentesimo anniversario nel quale la città di Barletta celebra se stessa, il suo passato e la sua storia insieme al suo presente e al suo futuro, non vuole costituire una rievocazione di antichi odi né esaltare la retorica di un malinteso senso di nazione. Mentre quello autentico non deve godere di buona salute se la continua proposizione dell'inno nazionale e l'esposizione fin troppo ostentata del tricolore si rivelano troppo spesso segni esteriori incapaci di ricucire le lacerazioni prodotte da talune tendenze scissioniste. Tendenze sempre più presenti da quando qualcuno ha cominciato ad erigere gli illusori (e perciò ancor più pericolosi) steccati dell'ideologia e dell'etnia proprio mentre i muri reali cominciavano a sgretolarsi.
L'anniversario della Disfida vuol essere, ha detto il sindaco Francesco Salerno, un'occasione di incontro e di discussione, un momento di promozione delle bellezze artistiche, culturali e paesaggistiche dell'intera Puglia oltre che una vetrina per il lavoro e l'imprenditoria della regione.
In attesa che per la cinquecentesima volta il nobile capuano Ettore Fieramosca si chini nuovamente sul suo avversario per dargli il colpo di grazia o per aiutarlo a rialzarsi, diamo un'occhiata al calendario delle manifestazioni che da qui al 2004 inoltrato prevede un convegno di studi sul tema: Il contesto e la memoria (teatro Curci, 12 febbraio); la Cena Rinascimentale (ristorante Il Brigantino, 12 febbraio) con la proposizione di piatti ispirati alla cucina del Cinquecento; la grande festa del trionfo degli italiani (Castello e strade del centro storico, 13 febbraio); il Carnevale del Cinquecento (Centro storico, 23 febbraio); la rievocazione, tra squilli di tromba e sventolar di bandiere, del combattimento del 13 febbraio 1503 (Castello e centro storico, settembre). E ancora convegni, mostre, rievocazioni, itinerari culturali e gastronomici, concerti, avvenimenti sportivi, giochi, momenti di animazione per i più piccoli. Gli appuntamenti conclusivi sono previsti per il mese di febbraio del prossimo anno: un festival del film storico in costume e la messa in scena dell'opera lirica
La disfida di Barletta del musicista lucano Vincenzo Ferroni.
Sede di manifestazioni per il cinquecentesimo anniversario saranno anche Canosa di Puglia, Troia, Margherita di Savoia, Trinitapoli, Spinazzola e Minervino Murge. Oltre Miglionico, in Lucania, che fu per un certo numero di anni feudo del Fieramosca.
Ma non mancheranno altri momenti celebrativi, al di fuori del nostro territorio, nelle città dei tredici cavalieri vittoriosi.
Una festa lunga un anno, quindi. Per tutti l'occasione giusta per visitare la cittadina sull'Adriatico.
Per gli insonni invece e per i sognatori di ogni età, ovunque si trovino, l'invito, nelle prossime notti, a tendere gli orecchi. Sono in molti a dire in giro che i ventisei di Barletta non hanno ancora perso la voglia di battersi.

Gigi Stabile









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