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L'uva puttanella del sindaco poeta

Mezzogiorno e dintorni


L'uva puttanella
del sindaco poeta

ventodiscirocco.net

di Gigi Stabile

L'Unità / Paese Nuovo (11 agosto 2002)


<<Favorite, favorite……Neanche pace quando si mangia !…..Meglio essere fesso e non sindaco>>.
I pezzi di storia (Storia?) si inseguono veicolati dalle voci degli attori e volteggiano nell' umida notte di un agosto indeciso all'interno dell'ampio cortile del Palazzo Ducale. Affidati ora al solista, ora all'intervento corale, vanno a comporre le note di un riconoscibile concerto di prosa.
Anche la musica, quella autentica, fa la sua parte. Talvolta per "staccare" i vari quadri, più spesso per sottolineare i più significativi momenti della vicenda, sempre interagendo in maniera essenziale e necessaria con la parte recitata.
La suggestione del luogo, il calore della rappresentazione, gli intermezzi musicali concorrono tutti insieme a restituire l'ambientazione ed il clima dell'opera rappresentata.
Si tratta dell'
Uva puttanella di Rocco Scotellaro, il sindaco poeta di Tricarico, presentata lunedì sera in uno dei luoghi più emblematici della sua città natale.
Opera, in prosa questa volta, incompiuta per la improvvisa e prematura morte del suo autore ma, come ci ricorda Carlo Levi, quanto mai completa per quello che riguarda l'unità iniziale e lo stile.
Racconto autobiografico ma non solo. E' la storia di un'iniziazione culturale individuale che sfocia a poco a poco in una presa di coscienza che è allo stesso tempo individuale e collettiva.
Già la prima parte, quella più intimista e maggiormente legata alla suggestione dei ricordi, lascia ampio spazio al racconto delle esperienze degli altri. Ecco allora i tratti di vita vissuta: i ritratti abbozzati ma quanto mai nitidi dei familiari, le prime esperienze scolastiche, i giochi nel quartiere, la vita in collegio lontano da casa, la scoperta del mare, visto per la prima volta da lontano, innaturalmente silenzioso attraverso i finestrini del treno e così simile ad una distesa di grano, ma anche altri momenti, anche quelli ugualmente vissuti pure se solo attraverso la memoria e le parole di parenti, di amici o fatti propri attraverso l'oralità popolare. La seconda parte, accanto alle considerazioni dell'intellettuale, rinnova ed amplifica la presenza ed il punto di vista di nuove figure e nuovi personaggi che aspirano dapprima inconsciamente, poi sempre più decisamente, seppure attraverso incomprensioni, diffidenze, indecisioni, al ruolo di protagonisti : i contadini.
Dell'occupazione delle terre si occupa il racconto biografico e del periodo del carcere ingiustamente patito dal poeta.
Irsina, protagonista con Montescaglioso, Tricarico e qualche altro centro di quella ingenua ed intensa stagione di rivendicazioni e di lotte, è chiaramente visibile al di là della terrazza del Palazzo Ducale luogo della rappresentazione drammatica.
Sembra quasi che sia in grado di poter ascoltare le invettive e i proclami degli attori-contadini e che possa, oggi come allora, far sentire la sua risposta.
Danno voce a Scotellaro e ai suoi contadini, nella trasposizione teatrale i componenti del laboratorio promosso dal Centro Regionale dei Servizi Sociali e condotto da Ulderico Pesce, un attore lucano non nuovo a queste esperienze, avendo in passato allestito lavori nel segno del poeta tricaricese e di Carlo Levi. Sono studenti ed operai, insegnanti ed agricoltori e, talvolta, contemporanei e testimoni dell'epoca dei due scrittori.
I lavori dei due scrittori si incontrano, procedono in parallelo, rimbalzano e si riflettono, attraverso continui rimandi, l'uno nell'altro.
L'uva puttanella rappresenta per Rocco quello che il Cristo ha rappresentato per lui, afferma Levi.
Scotellaro ritaglia, all'interno del suo "romanzo" un ampia citazione del libro dell'amico. E lo segnala come una delle buone ragioni per avvicinarsi alla lettura.
Tornerà Ulderico, in questo ultimo scorcio di estate a rendere omaggio ai due grandi interpreti della Lucania e dell'intero mondo contadino.
In veste di regista ed attore, coadiuvato dalla bravissima Maria Letizia Gorga in
Levi Carlo Graziadio, in programma a Grassano il 14 agosto ed il 17 a Tricarico. E il 10 settembre attraverso la trasmissione (Rai Sat) di Contadini del Sud.
Il laboratorio di Pesce non indulge in concessioni alle tante sere di estate che si consumano a tutte le latitudini ma cerca di affondare le sue radici nella ricerca e nella riflessione che non diventa mai autocelebrazione o infatuazione localistica da ombelico del mondo e meno che mai è compiacente nei confronti di quelle drammaticamente ricorrenti ossessioni etniche che, in un modo o nell'altro finiscono col ricondurre alla retorica del suolo e del sangue.
Pesce ed i suoi allievi di ogni età e di ogni ceto sociale, attraverso una lettura/rilettura di un opera poetica e di un' epoca passata, forti anche di una conoscenza diretta ma mai scontata delle abitudini, dei luoghi e delle persone, mirano al recupero di quanto universalmente valido ed attuale è rinvenibile in un'esperienza culturale, in una presenza poetica, in un'azione politica di un tempo ormai sempre più lontano.
Coinvolti e coinvolgenti e sempre credibili, guidati dalla sapiente mano di Ulderico Pesce, gli attori Peppino Miseo, Marilena Centola, Silverio Bonelli, Luciano Zasa, Pietro Cirillo, Antonietta Armento, Mario Lorenzo Novellino, Angela Canosa, Maria Teresa Langerano, Maria Diele, Filomena Benevento, Angela Romeo, Domenico Novellino, Pancrazio De Dominicis, Maria Caravelli, Mario Laurenzana, non si fanno pregare per dimostrare una volta di più che la poesia e l'impegno politico non sono poi così incompatibili come spesso da più parti si vuole fare intendere.
Anche il pubblico numerosissimo e partecipe, dal canto suo, contribuisce al tentativo di condensare al massimo l'intervallo temporale che lo separa dai fatti narrati.
E dalla scomparsa dell' illustre conterraneo.
Giusto cinquant' anni, l'anno prossimo.


Gigi Stabile





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