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Mandrake e il Cavaliere

Cultura e società



Il remake di Steno e quello del cavaliere

ventodiscirocco.net

di Gigi Stabile


L'Unità/Paese Nuovo (31 ottobre 2002)



Gli italiani, incauti scommettitori, si accorgono di avere puntato sul cavallo sbagliato e mentre imprecano contro la loro dabbenaggine più che contro la malasorte, strappano e gettano via i tagliandi con l'importo della scommessa quando il traguardo è ancora lontanissimo.
Potrebbe essere una di quelle scene che si ripetono giornalmente negli ippodromi della penisola da S.Siro a Taranto, da Padova a Follonica, da Tor di Valle ad Agnano, da Montecatini a Castelluccio dei Sauri.
Oppure potrebbe trattarsi di una sequenza tratta da
Febbre da cavallo, un vecchio film di Stefano Vanzina (Steno), con Gigi Proietti, Enrico Montesano ed un nutrito stuolo di attori e caratteristi che narra le peripezie di alcuni patiti degli ippodromi, le loro disavventure, il loro intimo sodalizio.
Fotografa invece in maniera fedele l'attuale situazione della politica italiana con una guida incerta, un' economia che stenta a prendere il passo giusto, una situazione istituzionale ormai in rottura prolungata, un'aspettativa di successi andata delusa e interi gruppi che dopo essersi avvicinati con fiducia alla nuova scuderia sponsorizzata da Mediaset hanno deciso di guardarsi attorno alla ricerca di campioni più affidabili.
In assenza di questi confidano per il momento nelle virtù apotropaiche del ferro di cavallo, augurandosi che abbia effetti più benefici di quelli dell'acqua benedetta con cui Trapattoni ha cosparso tutti i campi calcistici dell'Asia.
Dicevamo di
Febbre da cavallo, un film del 1976 condotto con mano sapiente e prodotto senza eccessive pretese se non quella di fare divertire in maniera semplice ed ironizzare su taluni comportamenti.
Un film che negli anni ottanta e novanta ha conosciuto un tardivo e inaspettato successo per via dei tanti spettatori che hanno trovato familiari le situazioni rappresentate sullo schermo ed hanno avuto modo di sorridere dei loro vizi e delle loro debolezze. Fino a farlo diventare una sorta di cult-movie all'italiana.
Di
Febbre da cavallo esce in questi giorni nelle sale cinematografiche, a ventisei anni di distanza, una nuova edizione con un cast completamente rinnovato che non ha potuto però rinunciare agli interpreti principali di quella esperienza rivelatasi negli anni storica. Così Gigi Proietti veste ancora i panni di Mandrake mentre Enrico Montesano si ripropone come Er Pomata, cioè quello sempre pronto a fornirti, almeno in teoria, il cavallo giusto. Il film che contiene numerose "citazioni" dell'originale, è diretto dai fratelli Enrico e Carlo Vanzina, ovvero i figli di Steno, il notissimo regista di tanti film di Totò (Guardie e ladri, Letto a tre piazze, I due colonnelli) e di Alberto Sordi (Un americano a Roma, Anastasia mio fratello) scomparso nel 1988.
Anche il governo Berlusconi si sta rivelando, almeno fino ad oggi, un remake del governo del 1994. Anche il meno accorto degli osservatori era pronto a scommettere che il Cavaliere, reso edotto dal precedente insuccesso, si sarebbe preoccupato di correggere il tiro e si sarebbe ben guardato dal governare contro tutto e tutti. Avrebbe rinunciato alle sue penose e controproducenti boutades e avrebbe fatto a meno dei rassicuranti slogan pubblicitari, a spese del contribuente, che proprio per essere così frequenti e martellanti finivano per non rassicurare nessuno.
Come spiega Sergio Cofferati in
A ciascuno il suo mestiere, edito da Baldini e Castoldi e da pochissimi giorni in libreria, erano in molti a credere che il Presidente del Consiglio avrebbe fatto di tutto, questa volta, per evitare quello scontro frontale con il sindacato che si era rivelato per lui così letale.
Ma anche questa volta, invece di cercare un confronto serrato ma produttivo, non ha esitato ad innescare un pericoloso conflitto dopo essersi preoccupato unicamente di indebolire il "nemico" spaccando il fronte sindacale.
Ma oltre al cavallo che a quattro giri dal traguardo mostra già il fiato corto e la bava alla bocca e a quelli del film dei fratelli Vanzina, c'è un altro cavallo che in questi giorni sta facendo, nel bene e nel male, parlare di sé.
"Liberate il cavallo" era il tema di un convegno promosso nei giorni scorsi dagli esponenti dell'Ulivo con chiaro riferimento al cavallo della Rai.
Un cavallo imbrigliato, strattonato da una parte e dall'altra e ormai incapace di muoversi liberamente.
E chi è il responsabile dei tormenti inflitti a quello che, come ci dicono, era un destriero ed è in pochi mesi si è trasformato in un claudicante ronzino?
Certamente Baldassarre e Saccà, i vertici della Rai voluti dal centrodestra, sostengono Rutelli e Di Pietro, Bertinotti e Fassino per una volta tutti d'accordo nel giudicarli assolutamente inadeguati al compito loro affidato.
Di questa inadeguatezza ha riferito il direttore dell'Unità nell'editoriale di domenica.
L' azienda televisiva ha risposto prontamente con una nota in cui si afferma che il cavallo non è stato mai così in salute per il solo fatto di avere, nell'ultima settimana, sbaragliato una concorrenza forse altrettanto dimessa.
Grazie anche a Gianni Morandi, il primo italiano che si è messo volontariamente in mutande prima di trovarcisi per colpa di altri.

E poiché siamo in tema di televisione vogliamo fare cenno all'apparizione televisiva di Berlusconi dopo il vertice di Bruxelles.
Come tutti avranno notato il premier ha rilasciato alcune dichiarazioni senza quel sorriso finto (quasi doloroso lo ha definito qualcuno) che continuamente esibisce in queste situazioni. Ha parlato infatti con una certa sobrietà ed anche quando ha affermato, più per essere fedele al copione che per convinzione, che questa è la finanziaria che più delle altre ha destinato risorse al Sud, sembrava non crederci nemmeno lui.
Si sarà finalmente reso conto di quanto inopportuno fosse quel sorriso in presenza di una disastrosa situazione di cassa, in un' emergenza internazionale dagli esiti incertissimi o al capezzale di un'azienda automobilistica moribonda.
E se questo nuovo look fosse il segnale di un nuovo corso? Si è chiesto qualcuno sempre pronto ad avvertire un qualsiasi sintomo di miglioramento in una situazione politica preoccupante.
Quanto è probabile che il capo del governo dopo aver sistemato (purtroppo nel peggiore dei modi) alcuni problemi giudiziari decida da domani in poi di diventare finalmente il premier di tutti gli italiani e non solo di un manipolo di indagati e di avvocati?
Di riconoscere la funzione dei partiti dell'opposizione e abbassare i toni della polemica? Di farsi garante di un'informazione veramente aperta e pluralistica? Di affrontare con coerenza ogni problema senza sollevare le abituali cortine di fumo? Di assumere infine un professore di storia che gli impartisca qualche lezione privata?
Percorso praticabile od ingenua illusione?
E' evidente che una reale inversione di tendenza potrebbe essere credibile solo se accompagnata dalla creazione di un nuovo esecutivo che archivi quello attuale come un esperimento mal riuscito.
Si badi bene che stiamo parlando di un nuovo governo di centrodestra.
Un nuovo governo capace di licenziare senza preavviso il creativo e nefasto Tremonti; anche se per le nostre dissestate finanze ci sarebbe bisogno di Mandrake, non Proietti (con tutto il rispetto per lui) ma proprio il mago con baffetti e tanto di cilindro nato dalla penna di Lee Falk e Phil Davis.
Disposto a lasciar perdere l'incerta Moratti e fare a meno, per la giustizia, dei tanti traballanti Castelli di carte.
Ma una cosa è certa. Il governo, vecchio o nuovo che sia, rinuncerà senza rimpianti ai servizi dell'attuale ministro degli esteri, quel tale Berlusconi Silvio che tante critiche si è guadagnato in giro per il mondo.
C'è solo da sperare che il Capo del Governo sappia resistere, giacché siamo in tema, alla tentazione di nominare un cavallo seguendo l'esempio di un antico despota romano.
Anche se dovesse trattarsi di quel Varenne che fuori dall'Italia, da Berlino a Parigi, da Montreal a Stoccolma ha mietuto sempre successi e raccolto solo consensi.
E non si faccia fuorviare dal fatto che in molti, specialmente all'estero, potrebbero salutare come un bel passo in avanti la nomina di un cavallo alla Farnesina.
Quello di un deciso cambio di rotta, per quanto improbabile, è l'augurio che facciamo a Berlusconi, a noi stessi e alla nazione.
Insieme all'augurio che il Presidente del Consiglio torni a sorridere.
Ma solo quando tutti gli italiani avranno tanti buoni motivi per farlo.


Gigi Stabile

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