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Osservatorio
Si fa presto a dire
memoria
Ventodiscirocco.net
di Gigi Stabile
L' Unità / Paese Nuovo (6 febbraio 2003)
Si fa presto a dire "memoria". Deve essere pur finita da qualche parte quella prima pagina di un quotidiano del 27 gennaio dell'anno scorso !
Abbiamo cercato tra le nostre carte l'intervento del professor Martino Bonomo, Presidente dell'Associazione Italia-Israele, scritto in occasione della giornata della memoria per rileggerlo, copiarlo, fotocopiarlo, passarlo agli amici, farlo girare nelle scuole. Senza successo.
Eppure ce le sentiamo ancora addosso quelle parole in grado di farci provare il vento gelido di Auschwitz ma anche le calde folate che provengono da una compartecipazione diffusa, intensa e addolorata; dall'impossibile desiderio di stringere migliaia di mani per dare conforto o più verosimilmente per riceverlo; dalla voglia di adottare immediatamente e per sempre tutte le Anna Frank del mondo.
Quell'elogio del bisogno insopprimibile di ricordare che pure contrasta con il tanto naturale e così umano diritto all'oblio. Un appello che è allo stesso tempo un monito per i tanti e ripetuti episodi di intolleranza che i nostri giorni ripropongono.
Si fa presto a dire "memoria". La gente va in piazza, a Milano come a Roma, per ricordare e far ricordare. Non si sa con quale incidenza visto che la piazza è stata ormai screditata, demonizzata ed indicata come il luogo degli intolleranti e dei facinorosi. Anche la televisione, nello stesso giorno del 2003, si prodiga per mettere in piedi uno straccio di programmazione che una volta tanto, pur tra gli onnipresenti cuochi in diretta, posti al sole e processi di Biscardi e gli immancabili amici di Maria De Filippi, cerca di toccare le soglie della decenza grazie a qualche documentario, alle sempre più rare testimonianze, ad un vecchio film e soprattutto alla riproposizione della vicenda di Perlasca. Quasi volesse farci pentire di averne parlato male ultimamente.
Ma il veleno è come al solito nella coda. A sorpresa all'ora di cena, ospite inaspettato ed indesiderato, il signore di Arcore entra nelle nostre case e pretende un posto a tavola.
Quest' uomo che più lo mandi lontano dai tuoi pensieri, dalle tue preoccupazioni e dai tuoi sogni e più ti ritorna indietro come un assegno a vuoto, vuole celebrare a suo modo il giorno della memoria.
Dovrebbe raccontarci dell'olocausto, del dramma del razzismo, dell'annientamento di milioni di esseri umani da parte dei nazisti e dei loro complici tra i quali, in prima fila, i fascisti italiani. Invece nella sua personalissima interpretazione, per la serie "Come in cinque minuti ti cambio la storia del mondo", vuole ricordarci, e questa non è una novità, quanto sono cattivi i comunisti e quanto hanno contribuito ad offuscare la storia del XX secolo.
Ci invita subito dopo a considerare il soccorso prestato ed il contributo dato dalla grande e bella e civile e ormai quasi completamente berlusconizzata nazione americana alla ricostruzione del nostro Paese.
Allora ci comunica che per saldare il debito, giacché siamo un popolo pacifico e autenticamente amante della pace, è nostro dovere entrare in guerra al fianco di quella nazione. E se possibile, anche qualche passo avanti.
Uno spettatore ignaro dei fatti e del loro svolgimento finito il discorso, fatto di parole che lasciano freddi come la pizza del giorno prima, avrebbe dei dubbi a capire se il principale ispiratore dei campi di Treblinka, Dachau e di tutti gli altri tristemente famosi sia stato Stalin, Massimo D'Alema, Romano Prodi, Saddam Hussein o il segretario della sezione dei DS di Ferrandina.
Ma anche quelli che i fatti li conoscono benissimo difficilmente saranno riusciti a nascondere il loro sconcerto e la loro preoccupazione.
La preoccupazione che il sempre più evidente deficit di memoria storica che affligge il nostro Paese si traduca in un altrettanto grave deficit di democrazia. Quest' ultima è infatti destinata naturalmente ad inaridirsi se viene a mancare il benefico apporto della storia.
Ma poco importa se, al tempo della politica spettacolo, la sola presenza (soprattutto televisiva) è garanzia di testimonianza.
Testimonianza alla quale l'inerme e inerte cittadino-spettatore (ma la seconda dimensione ha ormai quasi del tutto fagocitato la prima) assiste, testimone a sua volta, senza possibilità di replica.
Azzerati del tutto gli spazi del confronto, del dibattito, della critica e tutti gli altri momenti indispensabili alla ricomposizione del reale, l'unica realtà che resta sul campo è quella assolutamente effimera inventata giorno dopo giorno da un potere che non ammette la possibilità di essere messo in discussione.
Ma se non può più essere contraddetto dall'esterno ecco che, almeno, gli spetta il diritto di contraddirsi da solo e di rettificare il suo passato.
Così quello che è stato detto ieri viene smentito oggi, e le verità di oggi saranno smentite domani.
Cose che Guy Debord aveva descritto, con impressionante lucidità e chiaroveggenza, già trent'anni fa nel suo La società dello spettacolo e che quindi non devono sorprenderci più di tanto.
Solo non pensavamo che la Shoah fosse riducibile ad altri e differenti contenuti della memoria. Il rischio che un potere irresponsabile corre equiparando i campi di sterminio ad altri modelli totalitari è quello di giustificare i primi per mezzo dei secondi; un tema caro ad un certo revisionismo storico. Altro che grandi opere ! Qui, senza accorgersene, si pone la prima pietra per la ricostruzione della strada per Auschwitz.
Anche la biografia di Gianni Agnelli nel giorno della sua scomparsa viene utilizzata ai fini di una testimonianza (falsa ? parziale ? estorta?).
Il telegiornale delle tredici e trenta del 24 gennaio ricostruisce il percorso esistenziale, intellettuale e politico dello scomparso. Ritroviamo le cose per cui lo abbiamo ammirato e quelle per cui lo abbiamo talvolta criticato. I piccoli e grandi momenti che fanno la storia di un uomo, di un grande uomo.
Ma per il TG 1 sembra che l' Avvocato abbia vissuto tutto quello che ha vissuto (il successo, la mondanità, l'amicizia e la considerazione dei potenti, i lutti e la malattia degli ultimi anni) e fatto tutto quello che ha fatto (le automobili, la costruzione dell'impero finanziario, gli accordi con il sindacato, la guida della Confindustria, l'esperienza politica) solo per poter finalmente dire un giorno che il governo Berlusconi è, tutto sommato, un buon governo.
L' impiego ai propri fini, oltre ogni confine di rispetto e di decenza, dei vivi e dei morti sta diventando una prassi in via di definitivo consolidamento.
Per giustificare e legittimare la propria inutile presenza.
Per cancellare, come in un file elettronico, la memoria una volta per tutte.
Si fa presto nel Paese di Machiavelli. Che è poi anche il Paese di Pulcinella.
Gigi Stabile
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