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Mezzogiorno e dintorni
Padrone e sotto si gioca in sei
ventodiscirocco.net
di Gigi Stabile
L'Unità /Paese Nuovo (11 ottobre 2002)
"Il padrone e sotto si può giocare in cinque, sei, sette, e anche oltre; ma sei è il numero giusto".
A fare queste considerazioni su un antico gioco popolare non è, come potremmo aspettarci, un uomo del nostro Mezzogiorno ma Roger Vailland, romanziere, saggista, giornalista e drammaturgo francese.
Di Vailland viene proposto dalla casa editrice "L'ancora del Mediterraneo" il romanzo "Padrone e sotto", nella traduzione di Pancrazio Toscano.
Il libro, pubblicato in Francia nel 1957 da Gallimard ed insignito in patria del prestigioso Goncourt, si avvale di una breve ma incisiva introduzione di Goffredo Fofi, critico del cinema e della società e fustigatore di distorti costumi ed abitudini culturali, personaggio scomodo e quanto mai estraneo alla frequentazione di salotti o vespasiani televisivi.
Il libro aveva fatto una fugace apparizione presso l'editore Parenti con il titolo "La legge" che riproduceva fedelmente l'originale titolo francese.
Racconta gli avvenimenti e le vicende, le aspirazioni e i tradimenti, gli amori e le piccole vendette che si consumano giornalmente in un paesino del foggiano, luogo, secondo Fofi, neanche tanto immaginario e comunque emblematico di tutto il Sud e di tutta la provincia italiana.
Un Sud visto (scomodiamo un'ultima volta Fofi e decidiamo, d'ora in poi, di cavarcela da soli) con l'occhio di un osservatore esterno e quindi senza indulgenza e compiacenza per i suoi vizi e per i suoi difetti.
Un borgo marittimo che ha al suo interno un lago e una palude; una palude che restituisce poco per volta i resti di una passata civiltà ma rischia di inghiottire, giorno dopo giorno una varia e articolata umanità composta da uomini che non devono chiedere mai ed altri che devono farlo continuamente, funzionari inviati ad espiare chissà quale colpa in un estremo lembo della penisola, emigranti tornati nel paese di origine per finire i loro giorni, sensali, contrabbandieri e disoccupati che in piedi contro il muro della Piazza Grande aspettano inutilmente che qualcuno abbia bisogno di loro.
E donne infine, tenute in considerazione solo quando devono partorire, ma talvolta in grado di muovere a loro piacimento le pedine in una partita che ha sempre in palio il possesso di ancora più cose o ancora più persone.
Dal libro venne tratto, per la regia di Jules Dassin, un film che non ha lasciato grandi tracce negli annali del cinema o nell'immaginario degli spettatori. Vi figuravano tra gli altri, in qualità di interpreti, Yves Montand (Matteo Brigante), Pierre Brasseur (Don Cesare), Gina Lollobrigida (Marietta), Marcello Mastroianni (Enrico) e Melina Mercouri (Donna Lucrezia).
Essendo abbondantemente in ritardo per intervistare l'autore (Roger Vailland è morto all'età di 58 anni nel 1965), andiamo a cercare chi ha convissuto con lui in questi ultimi mesi: il traduttore di questo libro.
Non impieghiamo tanto tempo a raggiungere la casa di Pancrazio Toscano nel vecchio centro abitato di Tricarico.
Toscano è un intellettuale lucano del quale non è facile reperire il modello. Per l'abitudine di puntare dritto al cuore delle cose, anche lui porta cucita addosso la fama di personaggio scomodo. Uomo di scuola e di vasti interessi, è stato anni addietro sindaco della cittadina per la quale molte cose ha fatto e molte altre ne ha avviate. I suoi successori hanno potuto aggiungere ai loro meriti quelli di chi li aveva preceduti.
E' stato in passato, e forse lo è ancora, un punto di riferimento per quei vecchi socialisti che si sono guardati bene dal saltare il fossato e dal ritrovarsi in poco compatibili ed eterogenee compagnie.
Jessica, un volpino, ci accoglie rumorosamente in cima ad una ripida scalinata insieme al padrone di casa.
Toscano è il medium che riporta in vita uno scrittore e la sua opera.
Ci racconta di un libro in francese capitatogli quasi per caso tra le mani, della curiosità suscitata dal testo, dell'essersi ritrovato senza impegno alcuno e per esclusivo piacere a tradurne le prime pagine.
Poi, un po' per abitudine e un po' per gioco, aveva continuato.
Fino a quando, altrettanto casualmente, le circostanze hanno tramutato quel gioco in un progetto editoriale.
Ci parla di Vailland, personaggio poliedrico sempre in bilico tra libertinaggio e militanza, dedito senza restrizioni al sesso, all'alcool e a qualche altra sostanza proibita; del suo sapiente modo di costruire situazioni e personaggi. Dei vantaggi che trae dalla sua abilità di sceneggiatore. Della capacità di rendere con pochi tratti, sequenze quasi cinematografiche.
Del suo modo di comporre le frasi e di articolare il discorso, che restituisce i ritmi dell'esistenza degli uomini e delle donne del Sud.
Si sofferma sul "padrone e sotto", un gioco antico con il suo rituale e le sue regole crudeli. Un gioco che spesso altera i reali rapporti di dipendenza e sudditanza ma che quei rapporti fa necessariamente, in un modo o nell'altro, riaffiorare.
Ma soprattutto ci mette a disposizione l'originale francese del libro di Vailland che ci consente di apprezzarne la sapiente traduzione.
Toscano, che si era limitato sin qui a tradurre articoli o brevi saggi, dimostra di conoscere il mestiere. E' sempre un passo indietro al suo autore e sta ben attento a non "rubargli la scena". Riesce ad evitare, con abilità le insidie della lingua, a trasmetterne la freschezza, a conservarne i tempi.
Ci mostra infine, prima di congedarci, l'anteprima di alcune cartelle che costituiscono il suo prossimo progetto: un saggio su un'importante personaggio della sua regione. Una sorta di conversazione tra lucani.
Ripercorriamo al contrario la ripida scala e, quasi senza rendercene conto, cominciamo ad abbozzare mentalmente uno schema di recensione che ci permetta (o almeno così ci auguriamo) di rendere un buon servizio al libro ed ai lettori.
La sera è scesa da un pezzo quando lasciamo l'abitazione e ritorniamo nella via. Jessica continua ad abbaiarci dietro.
Roger Vailland: Padrone e sotto, L'ancora del Mediterraneo, Napoli 2002, 15 euro.
Gigi Stabile
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