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Quella volta di Ivens in Basilicata

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Quella volta di Ivens in Basilicata


ventodiscirocco.net

di Gigi Stabile

L'Unità /Paese Nuovo ( 7 novembre 2002)


L'Italia non è un Paese povero. Non può esserlo nel 1960, anno in cui offre al mondo, con le Olimpiadi di Roma, l'immagine di una nazione che ha lasciato alle spalle le rovine della guerra e gli anni della ricostruzione.
Ma è un Paese, come vedremo, ancora pieno di squilibri e di contraddizioni.
Il 1960 è anche l'anno in cui Federico Fellini e Luchino Visconti confezionano e consegnano al grande cinema film come
La dolce vita e Rocco e i suoi fratelli.
In quello stesso anno Enrico Mattei, grande ed originale figura di capitano d'industria e capitalista di stato, vuole illustrare attraverso un film documentario le possibilità di sviluppo offerte dai giacimenti petroliferi di cui ancora non si conosce bene l'entità ed allo stesso tempo denunciare la politica di sfruttamento e rapina attuata dal cartello delle cosiddette sette sorelle, le multinazionali del petrolio che controllano il novanta per cento della produzione mondiale.
Mattei, posto nell'immediato dopoguerra a capo dell'Agip col preciso intento di smantellarla, è riuscito a dare nuova vita all'azienda e ad assicurarle un buon prestigio internazionale. In aggiunta ha fondato l'Eni di cui è diventato presidente.
Non fa sconti Mattei sul regista del suo film e parte alla ricerca del migliore.
Dziga Vertov, "l'inventore del documentario", l'autore dei T
re canti su Lenin e L'uomo con la macchina da presa (uno dei primi e dei più grandi film sul cinema) è morto da sei anni.
In realtà era scomparso molto prima, nelle nebbie dell'epoca staliniana.
La documentarista tedesca Leni Riefenstahl è invece da tempo fuori gioco per aver celebrato, con
Il trionfo della volontà e con Olympia, l'avvento e l'ascesa del nazismo. Le biografie cinematografiche del dopoguerra non la menzionano nemmeno.
Gli propongono Robert J. Flaherty, l'autore del famoso
Uomo di Aran e di Nanook l'esquimese, ma il fatto di aver lavorato per la Standard Oil, una delle sette sorelle, ne sconsiglia la candidatura.
Gli suggeriscono Joris Ivens, il migliore di tutti con una controindicazione: è comunista. <<E allora ?>> risponde Mattei e la scelta è fatta. Passa inosservata la circostanza che anche Ivens ha già lavorato per la Shell, un'altra delle sorelle del petrolio.
Ivens è un affermato regista di documentari. Nato a Nimega in Olanda nel 1898, dopo un iniziale momento dedicato al cinema sperimentale e di avanguardia e ad una contiguità con il movimento artistico nato attorno alla rivista
De Stijl di Theo Doesburg e Piet Mondrian, ha realizzato film come Borinage e Terra di Spagna. Il primo dei due rappresenta una denuncia delle miserevoli condizioni di vita dei lavoratori dell'omonima regione belga.
Una denuncia dall'interno, se così si può dire, attraverso la documentazione diretta della vita dei minatori e delle loro sofferenze.
Terra di Spagna riferisce invece della guerra civile tra i repubblicani e le forze franchiste sostenute da Hitler e Mussolini e si avvale del commento di Ernest Hemingway. Il film narra anche della battaglia dei contadini nelle retrovie, del loro lavoro sulla terra ottenuta attraverso la riforma agraria, del loro desiderio di assicurare rifornimenti a se stessi e a quanti sono impegnati in prima linea. In tal modo principi ideologici e bisogni concreti si collegano e si compenetrano.
Ivens ammira Flaherty dal quale però lo separa una differente concezione del mondo ed una diversa visione della realtà.
Flaherty infatti propende sempre per l'essere primitivo e per l'uomo semplice, il più ricco per qualità umane; qualità che rischia di perdere a contatto con le conquiste del progresso e della modernità. Ivens, al contrario, pensa che l'uomo debba essere capace di conservare le sue migliori qualità anche e soprattutto in presenza di quelle conquiste e grazie a quelle conquiste.
Di fatto si dimostra, nell'elaborazione teorica e nelle soluzioni stilistiche adottate, più vicino alle posizioni dei grandi cineasti russi (Vertov, Ejzenštejn, Pudovkin).
Quando viene a sapere che Mattei lo sta cercando prende tempo, si informa, si documenta, chiede a sua volta referenze.
Quindi decide che in fondo anche un lavoro per un ente statale può presentare i suoi aspetti positivi. A partire dalla grande disponibilità di mezzi e di risorse. L'importante è godere della necessaria libertà di azione e, sotto questo aspetto, Mattei è troppo intelligente per imporre lacci e vincoli di qualsiasi a tipo a quello che è ormai riconosciuto come un maestro nel suo genere.
Anche Mattei è un maestro nel suo campo. Deciso ad avversare e ribaltare l'idea di una nazione dimessa, di un'Italia con il cappello in mano, secondo una definizione dell'epoca ripresa negli anni successivi, si dimostra lungimirante e spregiudicato allo stesso tempo, capace di elaborare un progetto di crescita e di mettere in atto una strategia per realizzarlo. Pur non mettendo mai in discussione gli equilibri internazionali e le consolidate alleanze, punta al confronto con la potenza statunitense sulla base di una pari dignità. Bisognerà, piaccia o non piaccia, aspettare sino alla metà degli anni ottanta, per vedere riproposta, questa volta da parte di Bettino Craxi (discusso e per molti versi discutibile come segretario di partito ma unanimemente riconosciuto statista di valore) una altrettanto palese volontà di confronto con le posizioni americane, all'epoca degli avvenimenti legati al sequestro della nave da crociera Achille Lauro e alla crisi di Sigonella. Non sono in pochi a ritenere che, direttamente o indirettamente, gli atteggiamenti in questione possano in qualche modo aver contribuito alla drammatica fine del primo e alla caduta ed alla repentina rovina del secondo.
Ma ritorniamo al 1960 ed al film di Ivens e di Mattei. Da tempo il pubblico delle sale cinematografiche ha perso l'abitudine ed il gusto per il documentario di qualità; il film viene quindi destinato alla platea televisiva che, è bene precisarlo, non raggiunge all'epoca l'estensione e le dimensioni di quella odierna e può contare su di un solo canale.
L'Italia non è un Paese povero, questo è il titolo scelto per il film, vuole armonizzare tradizione e modernità, radici culturali e progresso. E' il tema dell' episodio La storia dei due alberi. Il primo è rappresentato dall'ulivo, così radicato nel paesaggio e nella storia degli italiani; il secondo è invece l'albero meccanico, quello dei pozzi petroliferi, che può portare benessere e nuova ricchezza. Altri momenti sono dedicati alla Pianura Padana, sede dei primi ritrovamenti e delle prime estrazioni (I fuochi della Val Padana), a Venezia e Ravenna (Due città) ed al Sud della Penisola (Appuntamento a Gela). Inoltre da circa un anno nella zona di Ferrandina è stato rinvenuto il metano ed il film non perde l'occasione per rilevare l'importanza di questa nuova risorsa in una delle zone più povere del Paese.
Ivens può contare sulla collaborazione dei fratelli Taviani e di Valentino Orsini per la sceneggiatura e ha come assistente regista quel Giovanni Brass che in seguito, con il nome di Tinto, si dedicherà non senza successo all'esplorazione di altri territori. Sarà proprio il giovane Brass a portare oltre confine una valigia con la copia del film originale quando il potere politico che controlla la RAI, la parte più retriva della Democrazia Cristiana, impedisce per ragioni di opportunismo di mostrare intere scene, molte delle quali girate tra Ferrandina ed i Sassi di Matera. Sono scene che illustrano condizioni di esistenza oltremodo difficili, famiglie numerosissime che vivono in grotte, neonati letteralmente aggrediti dalle mosche, condizioni igieniche inimmaginabili, animali che occupano, nelle case, i medesimi spazi destinati alla vita delle persone.
Qualche alto dirigente parla di scene false e volutamente contraffatte con l'intenzione di screditare la classe politica al potere.
Il regista olandese, impotente come Mattei di fronte alla censura, imporrà, a questo punto, la cancellazione della sua firma e il documentario passerà sugli schermi televisivi, ampiamente tagliato e variamente rimaneggiato, come un insieme di frammenti tratti da un film di Joris Ivens. Anche il commento originale, scritto da Alberto Moravia per la voce di Enrico Maria Salerno, sarà completamente stravolto ed affidato ad un altro attore.
Del resto Matera e i suoi Sassi non sono stati ancora promossi patrimonio artistico dell'umanità. Nessun grande uomo di cinema, come sta avvenendo in questi giorni con
The Passion di Mel Gibson, ha ancora pensato di ambientare tra quelle pietre il più grande episodio della storia dell'umanità. Sono solo una grande vergogna da tenere nascosta.
Come sono da tenere nascosti, ancora oggi, gli esiti delle indagini intorno ai grandi segreti italiani da Piazza Fontana al treno Italicus, dalla strage della stazione di Bologna a quella del DC-9 dell'Itavia sopra il mare di Ustica, ad altri cento ancora.
Compresa la drammatica fine di Enrico Mattei, precipitato con il suo aereo poco prima di atterrare all'aeroporto di Linate il 27 ottobre del 1962. A causa di un attentato, come è apparso subito dopo la tragedia e come sembrano confermare, dopo quarant' anni di inutili indagini, le più recenti perizie. Uno dei tanti misteri insoluti dell'Italia.
Povero Paese.


Gigi Stabile

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